Archive for the Senza categoria Category

Chiusura e apertura

Posted in Senza categoria on 15 novembre 2014 by libero87

Cari amici, questo blog è ormai chiuso. Non sarà più aggiornato.
Mi sono spostato a http://unoenessunoecentomila.blogspot.it/

Passate a trovarmi. Grazie a tutti.

Un pezzo vecchio e ritrovato

Posted in Senza categoria on 29 settembre 2014 by libero87
  • …….eccovi la mia vita…….

    martedì, 18 novembre 2008 alle 10:12


    Nato in un caldo giorno d’Agosto ho sempre sognato di viaggiar fra le stelle,
    desiderando l’emozione
    di conoscere l’immensità dell’Universo

    La mia giovane anima fu sempre spinta dall’ardente passione della scoperta,
    dalla folle passione dell’esistenza,
    vidi fra le stelle una meta,
    su questa terra la mia casa

    Decisi allora di gettarmi nel grande mare della vita,
    raccolsi il coraggio della follia
    e spiccai il volo in direzione dell’ignoto
    Risi di chi rideva della mia follia,
    per tutti era in pubblico cosa da cui guardarsi bene,
    non uno però, nella propria intimità, la considerò male.

    Nel mio viaggio fra luoghi e persone
    nuotai in un mare di solitudine,
    chi la nascondeva con il sorriso
    copriva l’anima per nasconderla all’amore.
    E percorrendo luoghi e tempi diversi
    scoprii che una cosa non era mai mutata……..

    Perchè da me, lo so,
    si va soltanto via!

Ciccu Toccami

Posted in Senza categoria on 2 marzo 2014 by libero87

Quando da bambino mia sorella andava a lamentarsi da mia madre perché le facevo i dispetti poi mia madre veniva a prendersela con me.
Col tempo mia madre scoprì che spesso era mia sorella a stuzzicarmi allo scopo di suscitare la mia ira e potermi così accusare di averla disturbata.
Mia madre esprimeva tutto con l’espressione “Ciccu toccami! Mamma Ciccu mi tocca!” che per i non siciliani vuol dire pressapoco insultare qualcuno affinché reagisca per poi lamentarsi delle offese subite in risposta.
Ecco a me la storia dell’Europa che accusa la Russia di voler annettere l’Ucraina ricorda più o meno questa storia. Ma forse ai burocrati europei nessuno ha mai consigliato di non gettare le pietre addosso ai cani addormentati.
E prima che qualcuno mi accusi di essere fazioso di fronte all’evidenza del desiderio Russo di usare una scusa politica per annettersi (nuovamente) un territorio rilevante geopoliticamente vorrei far notare che l’Europa (insieme al padrone americano) difende senza alcuna traccia di pudore un colpo di stato mascherato da rivoluzione. Per l’Europa americana è democrazia ribaltare un governo eletto legittimamente ma non lo è permettere le libere elezioni nell’Iraq occupato quando si sapeva che queste avrebbero manifestato il desiderio del popolo Iracheno di non sottostare alle politiche economiche e monetarie imposte dal FMI e dai plutocrati Occidentali. Allo stesso modo il Venezuela secondo gli americani si sta ribellando contro una dittatura, ma in Arabia Saudita al contrario vige la libertà per tutti i cittadini.
La realtà è che le manovre politiche e militari governano il mondo tanto quanto lo facevano ai tempi della restaurazione duecento anni fa. E fino a quando saremo così imbecilli da farci infinocchiare da falsi ideali e dalla nostra (voluta e ampiamente meritata e strenuamente difesa) ignoranza storica saremo carne da macello per i più alti interessi di coloro che hanno il vero potere di manovrare l’informazione, la storia e le masse.
Diceva Heinlein che un generazione che ignora la storia non ha passato, né presente, né futuro. Figuratevi cosa ci si può aspettare da un mondo che si definisce ricco perché può permettersi di sfruttare i doni dell’istruzione obbligatoria per scegliere di leggere donna moderna e la gazzetta dello sport al posto di Nature e Bauman.

L’umanità, per la prima volta nella sua storia dotata di occhiali capaci di spingere lo sguardo lontano, abbassa lo sguardo ai suoi piedi e perde l’occasione di scoprire ciò che la circonda.(4 marzo 2012)

La preghiera è così: “Proteggimi dal sapere quel che non
ho bisogno di sapere. Proteggimi anche dal sapere che bisognerebbe
sapere cose che non so. Proteggimi dal sapere che ho deciso di non
sapere le cose che ho deciso di non sapere. Amen”. Ecco qua. In ogni
caso, è la stessa preghiera che reciti in silenzio dentro di te, per cui
tanto vale dirla apertamente. (D.N.Adams)

La messa è finita, andate e fate un po’ come cazzo vi pare.

Vuoto a perdere…

Posted in Senza categoria on 13 febbraio 2014 by libero87

NO! Vi prego NO! Baricco alla cultura NO! Significa accettare un’idea di cultura perversa e decadente. Significa accettare che la cultura è un orpello, pura estetica, aria fritta profumatissima, ma pur sempre aria fritta. Baricco ministro della cultura significa l’elogio del vuoto a perdere, significa svuotare di contenuto l’arte e la letteratura per asservirla alla triste ricerca dell’autocompiacimento. Significa tornare a un idea malsana di crociana memoria per la quale è cultura solo l’autocontemplazione dell’uomo mentre la scienza è solo tecnica, e non produttrice di sapere e cultura essa stessa.

Era il 23 Novembre 2012 e io scrivevo le seguenti parole che oggi mi tornano alla mente più valide che mai:
Alle volte mi chiedo di che cosa si discuta. Quando si parla di cultura il 90% dei difensori vuole in realtà difendere uno stile fine a sé stesso. Difende l’arte per l’arte, senza contenuto; difende la letteratura per la letteratura, senza contenuto; difende il teatro per il teatro, ancora senza contenuto; così ci ritroviamo laureati in lettere e filosofia che a volte pretendono il posto fisso, pure quello senza contenuto. E ci ritroviamo con un’idea della cultura falsa e priva di senso. Non è cultura recitare a memoria Dante, non è cultura l’elogio del vuoto a perdere di Baricco e fan. La cultura è il contenuto, è l’idea, è la riflessione. Il mezzo è servo dell’oggetto che deve veicolare. Non è cultura andare ad una mostra e guardare un quadro incomprensibile al punto che l’autore stesso deve spiegarci che vuol significare, al contrario è cultura Pirandello con le sue straordinarie riflessioni. Non è cultura il Gattopardo, se l’unica cosa che ti ricordi è il gran ballo, è Cultura invece se cogli l’essenza del romanzo e le sue mille punture di spillo. C’è più cultura in dieci pagine di Heinlein che in (quasi) tutte le stupide mostre pseudo culturali organizzate ogni giorno per prendere per il naso l’ego dei finti intellettuali… non per niente Heinlein lo conoscono giusto quattro gatti, fra gli “intellettuali”, mentre Baricco è praticamente un Dio.

La scelta di Baricco sarebbe l’ennesima prova di un rinnovamento della politica che è solo un rifacimento del prospetto, mentre le fondamenta si erodono e i pilastri crollano.

Pensieri sparsi di un sabato mattina

Posted in Senza categoria on 5 gennaio 2013 by libero87

Incredibile come certi ricordi ti prendano ad un tratto in un sabato mattina vacanziero, in un momento in cui la vita ti sorride finalmente, quasi a ricordarti che le sofferenze e gli errori sono il prezzo da pagare per una vita “vera”. Tornano in mente persone, luoghi, momenti, che sono stati e che non sono più. Tornano alla mente amici ed amiche, compagni di vita e amori spezzati, e tutto quello che ne rimane è un ricordo che ormai comincia a sbiadire nelle nebbie del tempo. Inutile cercare i paroloni o le frasi a effetto per mettersi alle spalle quel pizzico di malinconia che ti prende di fronte all’oblio del tempo e delle vite che sono state intrecciate alla tua. Un alzata di spalle è l’unica risposta, un sorriso, un tocco di malinconia dietro allo sterno… e poi si va via… per ricominciare. A pensarci bene ci sono anche adesso luoghi, momenti, persone, che rendono meraviglioso questo presente. Mai dimenticare chi c’è adesso per chi c’è stato ieri. Al passato devi un sorriso ed una lacrima, al presente devi i tuoi respiri… al futuro le tue speranze. See you in the future.

Per quanto siano dolorosi i ricordi, dimenticare significa morire. E, nella misura di tutte le cose, nulla che sia davvero vivo vuole davvero morire. (Richard Chwedyk, The Measure of All Things, Urania Millemondi n.40, pagg.105-108. Traduzione di Pietro Anselmi.)

L’Italia di Prandelli e la lezione agli Italiani

Posted in Senza categoria on 2 luglio 2012 by libero87

onore alla spagna…ed onore a chi, tra le uova morali di chi pontifica su tutto e poi sta a braccia conserte aspettando la manna dal cielo, ha mostrato impegno, coraggio, devozione alla causa e tanto…tanto cuore…con le lacrime alla fine che ti fanno capire quanto veramente abbiano tenuto a quella maglia….la nazionale di calcio ci ha dato una lezione, a noi come nazione e come italiani….ma ovviamente c’è sempre chi è incapace di ammettere che a volte puoi prenderti una lezione da qualche analfabeta che corre dietro ad un pallone…perchè noi preferiamo sempre i delinquenti in giacca e cravatta….persone rispettabili…

abbiamo tanto da imparare dal cuore di chi pur sfavorito in quanto a tecnica, classe e valore complessivo della rosa, pur martoriato da un calendario di partite troppo ravvicinate, ha dato tutto ed è arrivato fino in fondo….secondi in Europa, dietro solo alla Grande Spagna, di cui si parlerà anche fra cento anni, se ancora si dovesse giocare a calcio.

Mi sono emozionato a vederli piangere….ed ho ricordato i momenti in cui da bambino sognavo di vivere in prima persona, sul campo, serate come questa…che si vinca o si perda….sono cresciuto con le atroci sconfitte ai rigori di Italia 90, Usa 94 e Francia 98. Ho visto la delusione di Giappone e Korea 2002….ho gioito per Germania 2006….e sono tornato bambino in questo europeo….grazie ragazzi…grazie per le vostre lacrime….grazie per avermi mostrato che c’è ancora un senso nel provare emozioni guardando una palla correre su un campo verde….grazie perchè siete più uomini voi di chi vi ha criticato tanto….adesso però, per favore, non deludetemi, non deludete i tanti bamb in voi hanno visto qqualcosa di bello….dimostrate anche nel resto della vostra vita che vi siete meritati il nostro rispetto…..per il momento….ancora Grazie!!!!

Universo

Posted in Senza categoria on 4 marzo 2012 by libero87

In un romanzo di Robert Anson Heinlein gli occupanti di una astronave generazionale dimenticano, ad un certo punto, non solo lo scopo del loro viaggio, ma scambiano anche lo spazio artificiale e limitato in cui si trovano per l’intero universo. Una astronave generazionale è una nave spaziale che viaggia nello spazio da un pianeta d’origine verso le stelle, alla ricerca di un nuovo pianeta abitabile, ed in cui, a causa delle immense distanze interstellari e degli enormi tempi necessari per attraversare tali distanze, gli uomini si trovano a vivere per generazioni e generazioni, per decine o centinaia di anni. In tali condizioni basta un niente per far scoppiare una crisi, magari a causa della fragilità psicologica di chi si ritrova su un pezzo di metallo e sa che trascorrerà tutta la vita senza mai vedere la fine del viaggio, sorte che potrebbe toccare forse ai suoi nipoti, o ai nipoti dei nipoti. Heinlein immagina che a causa di una di queste crisi le generazioni successive perdano coscienza del luogo e della condizione in cui vivono, fino a convincersi che lo spazio in cui si trovano sia l’universo, e non soltanto un vascello spaziale che vagabonda nel vuoto. I personaggi di Universo ignorano che fuori esista qualcosa, ignorano le proprie origini ed il proprio destino, finendo per regredire ad uno stadio quasi animalesco in cui l’unica preoccupazione è la semplice sopravvivenza. Universo, oltre ad essere un romanzo estremamente interessante ed una pietra miliare della fantascienza, è una efficace metafora della condizione attuale dell’umanità. Frastornata dalla vita quotidiana l’umanità è incastrata in un meccanismo che svuota di significato la sua stessa esistenza, ed a nulla valgono i pallidi palliativi offerti dai farmaci antidepressivi, che servono solo a nascondere i sintomi, o la ricerca del senso nella religione. La verità, nuda e cruda, è che non esiste un senso nel nascere, crescere, vivere e infine morire nella svilente società dei consumi e della perversa logica imperante dell’accumulo e dello sperpero. E non esiste un senso nel dedicare quello che dovrebbe essere il tempo dell’uomo, quello in cui l’uomo può tornare persona e non più macchina finalizzata al salario, alla ricerca di svaghi a loro volta disumanizzanti perché, semplicemente, si è incapaci di immagina altro, o di interessarsi ad altro. Non esiste un senso nel lavoro automatizzato sei giorni su sette condito dal settimo giorno santificato al centro commerciale o alla televisione. Non esiste un senso perché quello che viene identificato come l’universo è semplicemente un modo di vivere temporaneo per l’umanità, seppur forse eterno per l’individuo, in un luogo a sua volta transitorio ed in condizioni instabili e altrettanto fragili.

La società occidentale in cui viviamo non è universale, nel tempo e nello spazio. Neppure la metà del pianeta terra vive in questa società, neppure un terzo degli abitanti del pianeta. La società occidentale è transitoria, non è sempre esistita e non esisterà per sempre. L’era dei consumi non è l’Universo, New York non è l’Universo, neppure Londra e Parigi sono l’Universo. Terribilmente banale, scontato, eppure nessuno di noi pensa realmente al fatto che il favoloso mondo del nuovo millennio è sconosciuto ai due terzi degli abitati del nostro stesso pianeta, nessuno di noi riflette veramente sul fatto che il proprio modello di vita non è Universale, ma transitorio, relativo, fragile. Nessuno di noi riflette veramente sul fatto che questo non è il migliore dei mondi possibili, o quantomeno che questo non è l’unico degli Universi possibili.

Si potrebbe obiettare che l’umanità non è mai stata diversa, che neppure nel passato è sfuggita a questa logica, del resto l’uomo delle caverne scambiava il suo ambiente per l’Universo, così come il contadino o il Signorotto medievale. Eppure il paragone non è del tutto convincente, poiché l’umanità del ventunesimo secolo ha a sua disposizione gli strumenti per rendersi conto della propria condizione e per comprendere la differenza fra il tutto e la parte. Semplicemente, all’umanità del ventunesimo secolo, non importa. L’umanità, per la prima volta nella sua storia dotata di occhiali capaci di spingere lo sguardo lontano, abbassa lo sguardo ai suoi piedi e perde l’occasione di scoprire ciò che la circonda. Trecento anni fa chiunque avesse avuto la possibilità di godere di una istruzione prolungata per 8-10 anni avrebbe manifestato quantomeno un forte interesse per l’Universo, per le Scienze, la Filosofia, per il “Tutto”. Oggi che l’istruzione per almeno 8-10 anni è diventata la norma il massimo della curiosità che l’uomo medio riesce a raggiungere è scoprire chi presenterà il prossimo festival di Sanremo. Logico che si percepisca un qualcosa di sbagliato, ovvio che si finisca per sentirsi soffocati da una società con così tante potenzialità eppure così frivola ed animalesca al tempo stesso.

Ma quale altro discorso è possibile se gli “integrati” hanno trovato il loro rifugio tra coloro ai quali, e sono i più, la televisione, lo stadio, la moda, lo shopping hanno fornito gli opportuni strumenti di rimozione e di ottundimento di sé? E chi si rifiuta di consegnarsi all’ottundimento, perché ancora dispone di una discreta consapevolezza di sé, a chi si rivolge quando incontra non questo o quel dolore, intorno a cui si affollano le psicoterapie, ma quell’essenza del dolore che è l’irreperibilità di un senso?

Qui le psicoterapie non servono perché non è “patologico” come si vorrebbe far credere, porsi domande, sottoporre a verifica le proprie idee, prendere in esame la propria visione del mondo per vedere quanto c’è di angusto, di ristretto, di fossilizzato, di rigido, di coatto, di inidoneo, per affrontare i cambiamenti della propria vita e i mutamenti così rapidi e imprevisti del mondo.

[I Miti del Nostro Tempo, Umberto Galimberti, pag. 154]

In queste condizioni la depressione non è patologica, così come non può essere patologico aver paura in equilibrio su una fune tesa fra due grattacieli. L’umanità non può aspettarsi di vivere bene chiusa in un recinto, come pecore, a meno di estirpare e gettare via la sua stessa “Umanità”. E la frivolezza della nostra nuova umanità si manifesta continuamente, sia nella scelte scelte quotidiane, sia nel modo di porsi nei confronti dei grandi temi come la Vita, l’Universo, e Tutto Quanto, come direbbe Douglas Adams. Non c’è da stupirsi quindi se si finisce per scambiare il contenuto per la confezione, così che nelle scuole si dedica più tempo ad insegnare le figure retoriche che non a studiare il contenuto di un opera. Quando nel 2010 fra le tracce della prova di italiano agli esami di maturità i candidati si sono trovati di fronte un saggio sul tema “Siamo Soli?” nessuno stupore di fronte alle grette e rivelatrici reazioni del mondo accademico e della società in generale. Di fronte ad una traccia d’esame che chiedeva allo studente di affrontare il tema della vita fuori dal pianeta Terra la reazione universale è stata di scherno:<< ma come?? adesso abbiamo gli ufo alla maturità? Come siamo caduti in basso>>.
Si! Siamo caduti in basso, veramente in basso, se coloro i quali si ritengono uomini e donne di cultura considerano il tema della vita nell’Universo un tema ridicolo e frivolo è il momento di alzare bandiera bianca. Se coloro i quali, pur avendo teoricamente gli strumenti per alzare lo sguardo fuori dalla culla verso ciò che esiste là fuori, continuano ostinatamente a mirarsi i lacci delle proprie scarpe allora dimentichiamo pure ciò che vi è là fuori, chiudiamoci nella nostra casetta, ammiriamone i muri e cantiamo le lodi al pavimento ben lucidato. Di fronte ad uno dei temi più profondi che la Scienza e la Filosofia abbiano mai affrontato la reazione dell’uomo comune ed in buona parte anche di quello che oggi passa per uomo di cultura è di sdegno e di scherno, del resto la vita è fatta di priorità ed ognuno ha le proprie…

«“O frati,” dissi, “che per cento milia

perigli siete giunti a l’occidente,
a questa tanto picciola vigilia

d’i nostri sensi ch’è del rimanente
non vogliate negar l’esperïenza,
di retro al sol, del mondo sanza gente.

Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti,

ma per seguir virtute e canoscenza”.»

(vv. 112-120, Dante Alighieri)

L’Universo, com’è già stato notato in altre sedi, è un posto maledettamente grande, cosa che, per amore di un’esistenza quieta, la maggior parte della gente finge di non sapere.

Molti sarebbero anzi pronti a trasferirsi in luoghi ancora più piccoli di quelli che riescono a concepire con la mente, e di fatto non sono poche le creature che lo fanno.

In un angolo del Braccio Orientale della Galassia si trova il grande pianeta di foreste Oglaroon, la cui popolazione «intelligente» vive tutta quanta su un unico noce abbastanza piccolo e affollato. Su tale albero gli Oglarooniani nascono, crescono, fanno l’amore, scrivono intagliando la corteccia articoli filosofici riguardanti il significato della vita, l’inutilità della morte e l’importanza del controllo delle nascite, combattono alcune guerre di minima entità, e infine muoiono legati alla parte di sotto dei rami più esterni e inaccessibili. Gli unici Oglarooniani che lasciano il loro albero sono quelli che vengono sbattuti fuori per avere commesso il crimine nefando di chiedersi se qualche altro albero potesse ospitare la vita o se gli altri alberi fossero comunque qualcosa di diverso da semplici allucinazioni prodotte dall’avere mangiato troppe oglanoci.

Benché un simile comportamento possa sembrare strano, non c’è forma di vita nella Galassia che non si sia resa colpevole in qualche modo dello stesso errore, ed è proprio per questo motivo che il Vortice di Prospettiva Totale suscita un orrore indicibile.

Quando infatti si viene messi nel Vortice si ha per un attimo la visione globale di tutta l’infinita, inimmaginabile immensità della creazione, e in mezzo a questa immensità si ha modo di distinguere un segnale minimo, minuscolo, microscopico, che dice Tu sei qui.

(Ristorante al Termine dell’Universo – Douglas N. Adams)

Gli eretici di Dune

Posted in Senza categoria on 6 dicembre 2011 by libero87

Adesso si trovarono in una strada affollata da piccoli mercanti che vendevano la loro merce ammucchiata su banchi a rotelle: cibo, indumenti, piccoli arnesi e coltelli. Suoni cantilenanti riempivano l’aria mentre i mercanti si sforzavano di attirare acquirenti. Le loro voci avevano l’impronta della giornata lavorativa: una falsa vivacità composta della speranza che i vecchi sogni si realizzassero, ma ingrigita dalla consapevolezza che per loro, comunque, la vita non sarebbe più cambiata. Venne in mente a Lucilla che la gente in quelle strade stava inseguendo un sogno sfuggente, e che l’appagamento da essi cercato non era la cosa in sé, ma un mito che erano stati condizionati a cercare, così come gli animali da corsa erano stati condizionati a inseguire l’esca in eterna fuga lungo l’interminabile ovale della pista.

Dan Simmons

Posted in Senza categoria on 27 novembre 2011 by libero87

Sol voleva sapere come un qualsiasi sistema etico (e tanto meno una religione così indomabile da sopravvivere a qualsiasi male l’umanità le scagliasse contro) potesse derivare dall’ordine di Dio a un uomo di uccidere il proprio figlio. A Sol non importava che l’ordine fosse una prova di ubbidienza. A dire il vero, l’idea che fosse state l’ubbidienza a consentire ad Abramo di diventare padre di tutte le tribù d’Israele , era proprio ciò che procurava a Sol accessi d’ira.

Dopo cinquantacinque anni di lavoro sulla storia dei sistemi etici, Sol Weintraub era arrivato a un’unica, incrollabile decisione: ogni rispetto per una divinità, un concetto o un principio universale che poneva l’ubbidienza al di sopra del giusto comportamento nei confronti di un essere umano innocente, era un male.

 

Dan Simmons, Hyperion p. 259

Canto del Viandante

Posted in Senza categoria on 26 novembre 2011 by libero87

I due bambini

mi si aggrappano alla mano

alzano la testa e dicono : “Papà”.

Alzo la testa anch’io

e anch’io vorrei chiamare per nome qualcuno

ma non c’è nessuno lassù.

Nel mio cielo, magnifico e vuoto,

solo nuvole spazzate dal vento

e trasformate in uccelli.

Meraviglia.

Dentro quel vuoto, un giorno,

la vostra mamma è bruciata come la fiamma di una candela

tremando

aspettandomi.

Un giorno anche voi avrete un cielo vuoto.

Quando accadrà

vi reggerete in piedi da soli

e camminerete sicuri sulle vostre gambe.

Dovrete cercare voi la vostra fiamma, la vostra candela.

Ehi! Non tiratemi così forte!

Alzate la testa

la faccia di Papà non c’è più.

Non lasciatevi ingannare:

quello che vedete fluttuare lassù

è solo una nuvola che muore.

 

 

 

 

Canto del Viandante

 

Taro Yamamoto